lunedì 22 ottobre 2007

senza rete

A questo punto lo posso pure dichiarare: io credo di esserci proprio caduta dentro, al grande garbuglio. Non so voi ma io, il bandolo, in questa grande matassa proprio non riesco a trovarlo. Come potrei in un paese dove chi governa scende in piazza a manifestare contro se stesso, chi indaga viene automaticamente indagato, chi abusa del potere viene considerato un grande e le fiction vengono considerate una realtà più vera di quella vissuta?
Mi sono rassegnata, non ci riesco. Da qualsiasi punto provi a dipanare questo gomitolo il filo mi si aggroviglia più di prima. Dove inizia il disordine? E poi: esso finisce? Sono convinta di no ma se c'è qualcuno che può dimostrami il contrario... Accetto sfide

1 commento:

Unknown ha detto...

Eih…scusa, scusaaaa….ma dove sei? E già, dentro al grande garbuglio ci sono anch’io, ma qui dentro non si vede nulla! E’ da tanto che io vivo all’interno di questa grande matassa, penso di esserne uno dei fondatori e mi riconosco in quel pezzettino di cartone intorno al quale si avvolgono i primi giri di lana. Proprio in questi giorni riflettevo su una parte del mio passato, per la precisione su quella dedicata alla militanza politica nel “più grande partito comunista” (si può dire comunista, sì?) dell’Europa occidentale. E più ci penso e più capisco perché sono finito nel garbuglio.
Per noi, ultimi depositari del sapere, era usanza, all’epoca, svegliarsi presto presto la domenica mattina per andare a diffondere, porta a porta, verità e conoscenza: L’UNITA’, il grande giornale…del grande…bla, bla, bla… Con la stessa fede che sostiene i testimoni di Geova in analoga attività, non ricordo più quanti “vaffa…” ho collezionato: tutti sacrosantamente meritati, potendo ragionare col senno del poi. Ma non tutti i compagni partecipavano all’opera di evangelizzazione, alcuni non si alzavano presto presto e ci aspettavano in sezione (a mezzogiorno) per fare i conti del venduto e suggerire nuove strategie di conversione al comunismo da adottare durante le future uscite.
Immancabile, come Pasqua, Natale e capodanno, sulla vita del militante comunista incombeva un’ulteriore e non meno solenne ricorrenza: LA FESTA DE L’UNITA’. Non avvertendo ancora i sintomi dell’ingarbugliamento (malattia subdola, il garbuglio, assolutamente asintomatica nelle fasi iniziali), i tubi “Innocenti” si trasformavano, come per incanto, in palchi e stand che avrebbero dato vita alla più grande questua mai ideata da mente umana: il finanziamento della stampa comunista. Con la gioia nel cuore e le vesciche nelle mani, si sfidavano i limiti fisiologici di resistenza umana, respingendo il sonno per quasi una settimana (montaggio e smontaggio compresi). Stanchi ma felici, tutti. Tutti?...non proprio. Alcuni compagni, infatti, scendevano alla festa solo dopo il serraggio dell’ultimo bullone (“…però… potevate anche chiamare se c’era bisogno..che ca…”). Di solito l’apparizione coincideva, per motivi scenografici, con l’inizio del dibattito di apertura, poi la degustazione dei fagioli con le cotiche, una rapida visita all’immancabile stand degli “Editori Riuniti” (giusto il tempo per “soppesare” qualche saggio sui padri della rivoluzione, con elargizione di sagaci commenti a beneficio delle masse lavoratrici) e poi, tanto per dimostrare che non erano poi così diversi dagli altri, una sosta alla pesca dei tappi per tentare la fortuna. A proposito, vi siete mai chiesti perché non avete mai visto nessuno vincere il primo premio? La risposta è semplice: era impossibile perché il tappo vincente non si metteva mai in gioco!!! E già, vi fregavano anche sulla pesca. Comunque era meglio allora, nel senso che certi personaggi sarebbero stati meno pericolosi se avessero continuato a giocare coi tappi, anche barando.
“Compagni, anche questa volta i nostri manifesti devono essere gli unici visibili” …classico discorso serale di un qualsiasi venerdì di passione -pre elettorale-. Tradotto in linguaggio comune, ciò significava che si doveva “attaccare” dopo la mezzanotte, a campagna elettorale ultimata, col rischio di ingaggiare risse con fazioni opposte o essere fermai e denunciati. Ma, si sa, la fede è fede! I compagni che non si alzavano presto presto la domenica mattina e ai quali si doveva consegnare la festa de l’Unità "chiavi in mano", non lesinavano consigli e incoraggiamenti: “forza compagni, il partito ha bisogno di NOI, DOBBIAMO stringere i denti e andare avanti, i NOSTRI sforzi saranno ripagati, come sempre,… ma adesso è quasi ora…ANDATE e FATE un buon lavoro.”
E così, giro dopo giro, il gomitolo è diventato sempre più grande ed io, al suo interno, sempre più piccolo.
E nessuna voce amica, allora, che mi dicesse: “VIENI INDIETRO, CRETINO!”